Euridice e Orfeo
di Valeria Parrella
adattamento e regia Davide Iodice
con Michele Riondino, Federica Fracassi, Davide Compagnone, Raffaella Gardon/Eleonora Montagnana
musica in scena Guido sodo, Raffaella Gardon,/EleonoraMontagnana
spazio scenico e costumi Tiziano Fario
musiche originali Guido Sodo
produzione Fondazione Teatro di Napoli
Valeria Parrella rielabora il
mito di Orfeo ed Euridice proponendone una lettura in chiave contemporanea:
«Gluck, Anouilh, Cocteau per le scene, ma anche Bufalino, Pavese: ognuno ha una
risposta diversa su quell’ultimo voltarsi di Orfeo, sul perché lo fa.
Commovente il passaggio di Rilke, forse tratto dalla visione di un bassorilievo
custodito qui: nel Museo Archeologico di Napoli. Respexit dice la tradizione
(di Virgilio nelle Bucoliche e Ovidio nelle Metamorfosi): e a questo verbo, che
non ha un equivalente in italiano, perché significa “si voltò indietro”, ma che
contiene in sé anche la radice del “respectum”, del rispetto, io ho dato
credito e seguito; così come a quel bassorilievo, in cui compare un Hermes,
assieme a Euridice e Orfeo. Ho scritto – conclude l’autrice – una novella che
diventa un testo teatrale, una storia non realistica: piuttosto orientata alla
filosofia e alla psicologia della perdita e dell’elaborazione del lutto».
Un’opera a tre voci diretta da Davide Iodice: «Voglio lasciare la
parola alla Parola, ora che vi ritorno dopo anni di una drammaturgia tutta
ispirata dalla scena. Qui dico allora solo del canto di Orfeo, che è questione
simbolica ed estetica insieme, poiché la prima domanda che mi sono posto
nell’affrontare nuovamente questo mito, più volte declinato in visioni nei miei
lavori, è stata: come rendere quel canto, così commovente da ammansire le
bestie, così commovente da spalancare le porte degli inferi, (qualunque sia il
loro significato)? Nessuna voce può, mi sono detto. Poi, ascoltando il
suono-senso delle parole nella voce viva degli attori, ho inteso che tutta la
bellissima prosa-poetica del testo fosse quel canto, insieme di Euridice e
Orfeo, e allora abbiamo cominciato a lavorare ad un unico flusso sonoro, un
concertato o un corale, se vogliamo, che tentasse di restituire alla Parola il
suo potere ipnotico, evocativo: la sua emozione. Per il resto, questa è una
dichiarazione d’amore».